Il chengyu 人杰地灵 (rén jié dì líng), letteralmente “uomini straordinari e terre spiritualmente eccellenti”, esprime l’idea che alcuni luoghi siano dotati di eccezionali qualità naturali e meriti culturali, tali da favorire la nascita di figure eminenti e la conservazione di un’eredità storica di rilievo. Nella tradizione cinese, un territorio può essere definito 人杰 (rén jié, “popolato da uomini straordinari”) e 地灵 (dì líng, “caratterizzato da un’energia spirituale feconda”) quando ambiente naturale e valori culturali si intrecciano in modo virtuoso, determinando un legame intrinseco fra paesaggio e civiltà.
L’espressione, ampiamente attestata nelle cronache e nei testi letterari cinesi, è tradizionalmente impiegata per descrivere località che hanno visto emergere personalità illustri – filosofi, eroi, letterati – e che, al contempo, presentano caratteristiche ambientali e paesaggistiche di particolare pregio. Essa sottintende la convinzione, profondamente radicata nella mentalità cinese premoderna, che la qualità del territorio e l’equilibrio naturale possano incidere sulla formazione morale e intellettuale delle persone. In tal senso, 人杰地灵 non si limita a una descrizione estetica dei luoghi, ma veicola un significato culturale più ampio: i “luoghi eccelsi” producono uomini virtuosi, e la presenza di tali uomini, a sua volta, conferisce ulteriore prestigio e valore spirituale al territorio.
Numerosi siti riconosciuti dall’UNESCO incarnano pienamente il concetto di 人杰地灵. Tra questi, spicca Qufu, nella provincia dello Shandong, città natale di Confucio, che ospita il Tempio e il Cimitero di Confucio, nonché la residenza storica della famiglia Kong. Questi complessi monumentali non solo celebrano la memoria del grande filosofo, ma testimoniano la continuità di una tradizione culturale che ha influenzato profondamente l’intera civiltà cinese.
Un altro esempio è rappresentato da Xi’an, antica capitale imperiale e nodo strategico della Via della Seta, sede di straordinarie testimonianze storiche quali l’Esercito di Terracotta e la Grande Pagoda dell’Oca Selvaggia. Qui, la stratificazione culturale e il potere politico si sono intrecciati per secoli, dando vita a un contesto ideale per la produzione di opere e figure di eccezionale rilevanza.
Infine, le aree paesaggistiche di Guilin, Jiuzhaigou, Wulingyuan e il Monte Taishan uniscono la spettacolarità naturale a un ricco patrimonio simbolico e spirituale. Questi luoghi furono scelti da imperatori, monaci e letterati come rifugi per la contemplazione e la produzione artistica, divenendo fonte d’ispirazione per numerose poesie, leggende e opere pittoriche.
Il chengyu 人杰地灵 offre dunque una chiave interpretativa privilegiata per comprendere la relazione storica e culturale tra l’uomo e il territorio nella tradizione cinese. Visitare tali luoghi significa non solo ammirarne le caratteristiche naturali e monumentali, ma anche entrare in contatto con quella forza vitale e simbolica che ha alimentato il pensiero, la creatività e l’azione di generazioni di figure eminenti. In tal senso, questo concetto invita a un approccio più consapevole e partecipativo al viaggio: osservare la Cina non soltanto con sguardo estetico, ma anche come esperienza intellettuale e spirituale, capace di rivelare la profonda interconnessione tra paesaggio, cultura e memoria storica.
Roberta Galazzo
https://whc.unesco.org/en/statesparties/cn
https://m.guoxuedashi.net/chengyu/7183d.html
Il film è composto da quattro episodi ispirati a eventi realmente accaduti in Cina. I protagonisti provengono da diverse regioni e vivono situazioni di ingiustizia, violenza e disuguaglianza. Ogni storia è ambientata in un contesto geografico e culturale specifico: Shanxi, Chongqing, Hubei e Guangdong.
La prima storyline racconta di un minatore che si ribella alla corruzione dei leader locali. La seconda storia riguarda un lavoratore migrante che torna a casa e compie un gesto estremo. Nel terzo episodio vediamo la vicenda di una receptionist che affronta molestie sessuali e reagisce con violenza. La pellicola si chiude con il racconto della vita di un giovane che lavora in condizioni alienanti in una fabbrica elettronica di Shenzhen.
Il film è un ritratto crudo e potente della Cina contemporanea, divisa tra modernizzazione, disuguaglianza e perdita di valori. I quattro spaccati ben rappresentano il realismo tanto caro alla “Sesta Generazione" di cineasti cinesi che sottolineano l'enorme trasformazione sociale e ambientale del Paese: la migrazione di massa dalle campagne alle città, con la conseguente urbanizzazione sociale; lo sviluppo febbrile dell'economia e delle nuove esigenze dei Cinesi che incontrano prospettive di gran lunga differenti - e spesso sradicati - dalla vita placida seppur povera delle campagne; la perdita della solidarietà tipica delle comunità rurali e l'alienazione culturale data da una modernizzazione eccessivamente rapida.
Sebbene i temi principali di 天注定 siano la violenza sociale e la disillusione individuale, che cancellano il lirismo e il tempo dilatato dello stile di vita fino ad allora conosciuto, Jia Zhangke riesce a trovare un continuum con la tradizione e la generazione di cineasti a lui precedenti: i suoi personaggi, seppur perdenti o emarginati, restano degli eroi e delle eroine della loro particolare epoca di trasformazione. Le loro vicende richiamano la narrativa wuxia (ossia del genere cavalleresco “cappa e spada”) e il viaggio trasformativo eroico, a in chiave moderna. Questo modo particolare di raccontare la realtà, rende Jia Zhangke una figura chiave del realismo sociale cinese.
Inoltre attraverso l'uso del 普通话 (la lingua cinese standard o cinese mandarino) e i dialetti nei dialoghi e attraverso le scene di paesaggi naturali ed elementi specifici dei luoghi mostrati nel film (templi, villaggi, mercati locali e artigianato), si mantiene un certo legame alla terra e un omaggio alla bellezza della Cina ancestrale, in netto contrasto con le fratture della società.
Curiosità: il film è stato inizialmente censurato in patria, poi distribuito con dei tagli; Nonostante ciò, il film è riuscito nell'intento del regista, ossia riuscire a denunciare le ingiustizie senza rinunciare alla bellezza cinematografica, avvalendogli il premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes nel 2013. Altra curiosità sta nel titolo, che richiama la filosofia cinese del "destino" (天命), messo in discussione dalla reazione individuale dei personaggi delle quattro storie.
A Touch of Si è un'opera intensa e coraggiosa che permette di comprendere la complessità della Cina moderna attraverso le storie di persone comuni. È particolarmente adatto per riflettere su temi come giustizia, etica, disuguaglianza e identità culturale.
Valeria Pannozzo
Agosto è il mese in cui ci concediamo di viaggiare un po’ di più, chi può tra ferie e permessi e chi non può..beh può sempre viaggiare con la mente. E quale occasione migliore per parlare delle meraviglie naturali e culturali della Cina? Il chengyu di questo mese è 人杰地灵 e ci ricorda che ci sono luoghi così speciali da generare uomini straordinari, e uomini così straordinari da rendere quei luoghi immortali.
Per accompagnare questo viaggio, ti consiglio un libro che incarna perfettamente questo spirito: “The River at the Center of the World” di Simon Winchester.
Simon Winchester è un giornalista e scrittore britannico noto per i suoi reportage e saggi narrativi. La sua penna ha sempre un tocco personale: descrive i luoghi attraverso incontri, aneddoti e riflessioni, trasformando la geografia in esperienza viva. Non è un accademico, ma un grande narratore del mondo, ed è forse proprio questo che rende i suoi libri così accessibili.
“The River at the Center of the World” è il racconto del viaggio dell’autore lungo il fiume Yangtze (Chang Jiang), una delle arterie vitali della Cina. Seguendo il corso del fiume da Shanghai fino alle sorgenti tibetane, il libro intreccia paesaggi naturali spettacolari, città millenarie, storie di dinastie e rivoluzioni, e la vita quotidiana delle persone che abitano quelle rive. Il fiume Yangtze non è solo un fiume: è culla di civiltà, fonte di leggende, motore economico, simbolo culturale. Attraverso le sue pagine, scoprirai come la geografia della Cina non sia mai neutrale, ma un vero personaggio che plasma destini e culture. Perché questo libro si sposa così bene con il chengyu di agosto 人杰地灵 che abbiamo scelto? Perché il fiume Yangtze è l’esempio perfetto di come una terra straordinaria possa generare grandezza.
Dai suoi paesaggi sono nate poesie immortali.
Dalle sue sponde si sono alzate città che hanno fatto la storia.
Dalle sue acque hanno attinto imperatori, guerrieri, poeti, e semplici uomini che hanno lasciato un segno nella cultura cinese.
È un libro da leggere lentamente, magari durante un viaggio o nelle giornate più pigre dell’estate. Ti farà navigare lungo il fiume più lungo dell’Asia, senza muoverti da casa, e allo stesso tempo ti farà riflettere sul legame profondo tra luoghi e persone. Un ottimo compagno di lettura per comprendere quanto la Cina sia un intreccio indissolubile di meraviglie naturali e culturali. Fammi sapere se lo leggerai o se lo hai già letto nel nostro salotto del Club! Ti aspetto!
Claudia Ruvolo
Quando si parla di meraviglie naturali e culturali della Cina, il pensiero corre subito a paesaggi straordinari, a templi millenari e quant’altro. Ma esiste una meraviglia culturale altrettanto profonda che è la cucina. In essa si riflette un’intera visione del mondo, fatta di armonia, equilibrio e rispetto per la natura.
Oggi ho voluto proporre una ricetta vegetariana, non solo perché la cucina cinese ha una tradizione secolare legata a questo stile di vita, ma anche perché oggi più che mai il cibo può essere un atto consapevole, un modo per prendersi cura del pianeta partendo da ciò che mettiamo nel piatto.
Il vegetarismo in Cina affonda le sue radici nell’ascetismo taoista e confuciano noto come Zhai (斋) ovvero “la pratica di purificare il corpo e la mente, i quali si astengono da pensieri disturbanti e da cibi stimolanti (compresa la carne) durante i periodi di lutto o prima delle cerimonie di preghiera”, per poi diffondersi ulteriormente con l’avvento del buddismo.
Ad oggi sono sempre di più, quasi 72 milioni, i giovani cinesi che decidono di avvicinarsi alla dieta vegetariana, spinti da una maggiore sensibilità verso le tematiche ambientaliste.
Il piatto che ho scelto è semplice ma molto simbolico, originario dello Shandong, una provincia situata nel nordest della Cina. Il suo nome è 地三鲜 dìsānxiān che significa letteralmente “i tre tesori della terra”. E infatti questa ricetta rappresenta un’ode alla terra, alla stagionalità, alla cucina di casa.
“I tre tesori della terra”, era anticamente usato per descrivere la combinazione di amaranto, orzo e fave; tuttavia, la ricetta odierna prevede altri ingredienti, decisamente più comuni nell’alimentazione moderna quali melanzane, patate e peperoni verdi. Curiosamente, in questa versione, il dìsānxiān ricorda molto la celebre caponata siciliana, creando un inaspettato ponte tra la cucina del nord-est della Cina e quella del Mediterraneo.
Nella ricetta originale le patate, le melanzane e i peperoni vengono prima fritti e poi mescolati con una salsa a base di aglio, salsa di soia e altri aromi. Per una versione meno autentica, ma più salutare, puoi ridurre la quantità di olio utilizzato. Versa in una padella, o nel wok, una quantità d’olio sufficiente a formare uno strato sottilissimo che ricopra tutta la superficie. Poi, una volta che sarà abbastanza caldo, cuoci le verdure in questo stesso ordine: patate, che richiedono un tempo di cottura maggiore, melanzane e infine i peperoni, i quali invece devono cuocere pochissimo poiché non devono perdere la loro croccantezza. Puoi decidere di servire questa pietanza come un secondo piatto vegetariano, oppure gustarlo assieme a una ciotola di riso al vapore per trasformarlo in un piatto unico.
Questo piatto ci insegna che anche la semplicità può essere straordinaria e che, celebrare le meraviglie naturali e culturali di un Paese può voler dire anche questo: gustare ciò che la terra ha da offrire e riconoscere in ogni sapore la cultura del posto.
Annamaria Musichini
Caro lettore, come avrai potuto notare, il tema di questo mese è strettamente connesso alle bellezza naturali che la Cina ha da offrire al mondo. Nella tradizione artistica cinese, la natura non è mai stata solo un semplice sfondo ma tanto più una guida spirituale e specchio dell’anima e delle emozioni, sia dell’artista che dello spettatore. Nell’arte cinese il paesaggio, le montagne, i fiumi e il ricordo del proprio villaggio in festa sono stati per secoli i protagonisti delle produzioni artistiche.
Nell’approccio alla vita per i cinesi, la natura è sempre stata la manifestazione visibile tra Cielo, Terra e Uomo. L’opera d’arte diventa così un ponte tra l’esperienza estetica e quella spirituale: non si riproduce la realtà visiva, ma si evoca un paesaggio dell’anima, dove l’uomo può riconoscersi come parte di un tutto vivente e in trasformazione. Tra le mostre che incarnano questo spirito si è conclusa ad Aprile a Roma l’esposizione di 55 artisti e artiste di generazioni diverse, tutti provenienti dall’Accademia Nazionale di Pittura della Cina. Le opere che sono state esposte nella sala del MACRO, ritraggono soggetti ricorrenti come montagne, paesaggi, bambù, il prugno e l’orchidea. A ulteriore testimonianza di quanto la natura fosse, ed è tuttora, centrale nella cultura cinese.
Oggi, però, faremo un salto indietro nel tempo, fino al 1270 verso la dinastia Yuan. Gli anni governati dai sovrani mongoli furono anni ricchi per l’arte, con un punto di svolta per la pittura, la calligrafia e il teatro. Dopo la caduta dell’impero Song, molti letterati del periodo intrapresero la carriera burocratica, mettendo da parte la propria vocazione artistica. Tra questi vi era Huang Gongwang, un erudito convertitosi taoista che ritrovò nella pittura una forma d’espressione profonda. Questa sua vocazione per l’arte fu particolarmente apprezzata al tempo, tanto da essere riconosciuto come uno dei “Quattro Grandi Maestri Yuan”. Tra i suoi lavori più iconici appare il rotolo “Dimora nei monti Fuchun” (o “Dwelling in the Fuchun Mountains"), al quale lavorò con intermittenza dal 1347 al 1350. L’opera è un vero capolavoro shanshui, pittura paesaggistica che rappresenta incontaminati scenari naturali.
Il rotolo è stato dipinto con la tecnica dell’inchiostro su carta, con l’uso di linee sottili per delineare il contorno dell’immagine e lavaggi d’inchiostro per creare profondità. Il risultato è un'area liscia e uniforme che cancella ogni traccia visibile di pennellata. A seguito di un incendio quello che oggi vediamo è un’opera divisa in due sezioni: la prima (“La montagna rimanente”) della quale fanno parte le montagne Fuchun, mentre la seconda conosciuta come “Il rotolo del Maestro Wuyong”; in totale il rotolo misura circa 64 cm.
“Dimora nei monti Fuchun” è una rappresentazione dei monti Fuchun nella regione
dello Zhejiang, luogo in cui l’autore si rifugiò gli ultimi anni della sua vita. Il soggetto ritrae una robusta montagna vista da un'angolazione elevata, osservando la vegetazione lussureggiante e le rocce dell’area circostante. La pergamena è stata eseguita con pennello e inchiostro su carta. Si pensava che l'uso del pennello e dell'inchiostro denotassero lo spirito e il temperamento dell'artista. Il rotolo è una tripudia visiva di metodi e tecniche, con toni audaci e sfumature tenui, pennellate bagnate e asciutte, applicazioni rade e dense di inchiostro, così come le torsioni delle linee calligrafiche. Huang ha reso omaggio ai maestri precedenti appropriandosi di tecniche quali "la testa di allume" per le piccole rocce e "la fibra di canapa" per i tratti lunghi e sottili dalla cima al fondo della montagna.
Secondo la storia, l'opera sfuggì alla distruzione grazie a Wu Jing’an, nipote di Wu Hongyu. Quest'ultimo ricevette il rotolo in regalo dal padre e, talmente era affascinato e legato dal dipinto, che volle portarlo con sé anche nell'aldilà, decidendo di bruciarla prima di scomparire. Wu Jing’an riuscì a sottrarre l’opera alle fiamme, preservandola così dalla distruzione, anche se il salvataggio le costò l’integrità uscendo con due frammenti separati. “Dimora nei monti Fuchun” è conservata nel Museo Provinciale di Zhejiang (Hangzhou), mentre il secondo rotolo (del Maestro Wuyong) al National Palace Museum a Taipei.
L'opera è così profondamente radicata nell'immaginario culturale cinese da aver ispirato anche il film “Tiepide acque di Primavera” del regista Gu Xiaogang nel 2019. E tu hai mai avuto la fortuna di ammirare il rotolo dal vivo o il film ispirato a quest’opera?
Chiara Fonti
Accademia Nazionale di Pittura Cinese. 55 artisti in mostra a Roma | Museo Macro
Dwelling in the Fuchun Mountains | Chinese Painting | China Online Museum
Landscape Reunited - Huang Gongwang and “Dwelling in the Fuchun Mountains”
Il paesaggio naturale ha da sempre rappresentato un aspetto fondamentale della filosofia cinese, soprattutto in merito al rapporto che l'uomo ha con la natura. L’essere umano, secondo il pensiero taoista, non è un’entità separata dal mondo naturale, ma è immerso in un sistema di armonia cosmica vivente, in cui è parte integrante della natura e non al di sopra di essa. A differenza del pensiero occidentale, l’uomo appartiene alla natura e non è “capo” di essa; l’unica possibilità per stare bene nel corpo, nella mente e nello spirito è di vivere in armonia con il luogo in cui ci si trova e rispettare i ritmi naturali.
Il Feng Shui ha da tempo riconosciuto l’importanza del paesaggio naturale e di come le montagne siano in grado di plasmare la vita umana, facilitando il flusso del Qi vitale e l’armonia. Le montagne rappresentano l’energia Yang, associata alla forza e stabilità. Le catene montuose sono chiamate i “Draghi del Paese” e sono considerate le fonti dell’energia positiva. Una montagna con una buona base e avvolta dalla vegetazione genera il Qi positivo, al contrario montagne aride e spoglie come un deserto di pietra producono Qi negativo. La loro presenza fornisce un senso di protezione e stabilità nella geomanzia cinese, fungendo da barriere naturali contro venti forti, piogge e inondazioni.
In questo sistema di credenze tradizionali, emergono luoghi sacri incastonati tra le rocce, sospesi tra cielo e terra tra devozione e mistero. Molte montagne vengono venerate e tra queste catene montuose magistrali, in Cina sono particolarmente riconosciuti i “Cinque Monti Sacri” (五岳 Wǔyuè), pilastri della spiritualità cinese e epicentro di tradizioni e pellegrinaggio. Qui il divino si fonde con il terreno.
Monte Tai 泰山 : situato nella provincia dello Shangdong, il Monte Tai viene onorato come il monte più sacro di tutte le montagne cinesi. Sorge ad est, proprio come il sole, e per questo è associato alla nascita e al rinnovamento. La cima più alta della montagna è la vetta “Imperatore di Giada”, raggiungibile da una scalinata che parte dalla città Taian. Sulle pendici della vetta sono stati edificati templi risalenti per lo più alla dinastia Ming. Nel Feng Shui, il Monte Tai è associato al legno ed è simbolo di potere e stabilità (mentale e imperiale). Non a caso è considerato la “testa del drago”.
Monte Hua 华山 : si trova ad ovest, nella provincia dello Shaanxi. Questa catena montuosa è ripida e pericolosa, per i suoi sentieri insidiosi è una prova di forza e coraggio per i pellegrini che l'attraversano. Nel Feng Shui, il Monte Hua è associato all’elemento del metallo, chi lo attraversa ritrova la chiarezza mentale, creativa e spirituale, oltre ad andare incontro ad una vera e propria crescita personale.
Monte Heng 衡山 : erge a sud, nello Hunan ed oltre ad essere più al sud delle altre montagne, è associata all’elemento del fuoco. Questo suo aspetto lo connette direttamente, nella tradizione Feng Shui, alla vivacità e alla passione, qualità essenziali e necessarie agli uomini per il proprio miglioramento. Sia la sua posizione che il suo simbolismo lo rendono generatore del Qi positivo.
Monte Song 嵩山 : si trova nella provincia Henan ed è la montagna posizionata più al centro rispetto alle altre cinque. Come montagna centrale, il suo elemento è il legno che incoraggia l’equilibrio, il rinnovamento e i nuovi inizi. Per il Feng Shui è il luogo ideale per coltivare l’energia intellettuale e la vitalità fisica. Non casualmente, tra le sue pietre scoscese è situato il famoso “Tempio Shaolin”,
Monte Kunlun 昆仑山 : è situato in Tibet. Ufficialmente non fa parte dei Cinque Monti Sacri, ma riveste un’importanza significativa nella cosmologia cinese e nella tradizione del Feng Shui. Nella mitologia antica la vetta è spesso considerata “la dimora degli immortali”, oltre che il centro del mondo. Secondo il pensiero del Feng Shui questo monte promuove la longevità, la guarigione e l’epifania spirituale.
L’energia di queste montagne, secondo il Feng Shui, influenza in modo diretto la fortuna dell’individuo oltre a generare Qi personale e ambientale tutto positivo. Per le persone che cercano di migliorare il proprio status finanziario o le proprie relazioni, scalare una delle cinque montagne (se non tutte) è un atto necessario. Non si tratta solo di sfidare l’altezza ma di elevare sé stessi ad una connessione più profonda con l'universo e con la natura.
Chiara Fonti
The Sacred Mountains in Chinese Feng Shui: Their Role in Spirituality and Energy Flow - vikosan.vn
Nel Feng Shui cosa sono le montagne?
Monti sacri della Cina - Wikipedia